Opportunità “ridotte” per le aziende esportatrici

L'annuncio di Donald Trump di imporre dazi del 39% sui prodotti svizzeri ha colto di sorpresa molte aziende esportatrici svizzere, in particolare nel settore dell'orologeria . Sul quotidiano "NZZ am Sonntag", Georges Kern, CEO e comproprietario di Breitling, si è dichiarato "scioccato".

Quest'ultimo vede poco spazio di reazione per le aziende che dipendono fortemente dalle vendite all'estero: "Possiamo migliorare l'efficienza, ridurre i margini o aumentare i prezzi. Ma dovremmo farlo ovunque, non solo negli Stati Uniti. Un improvviso aumento del 40% soffocherebbe il mercato".

Le possibilità di reazione sono limitate sia per le aziende che vendono prodotti svizzeri oltreoceano, sia per tutte le altre che esportano lì i loro prodotti, conferma Simeon Probst. L'esperto di dogane e commercio internazionale di PwC Svizzera riferisce di essere stato contattato da diverse aziende già venerdì, mentre in precedenza i dazi doganali erano stati trascurati, con un impatto minimo: "La situazione è semplicemente cambiata radicalmente".

Per Simeon Probst, la chiave per i responsabili delle aziende esportatrici è essere in grado di dimostrare in modo ineccepibile l'origine di un prodotto. Tuttavia, molte di esse non dispongono ancora di adeguati processi di tracciabilità digitale. Una soluzione potrebbe essere quella di produrre nell'Unione Europea tramite una filiale locale. Ciò consentirebbe di dimostrare l'origine europea e quindi di limitare le imposte al 15%, anziché al 39% applicato ai prodotti svizzeri.

Un'altra opzione, tuttavia, è più complessa: spedire separatamente componenti svizzeri ed europei negli Stati Uniti e poi assemblarli localmente. Tuttavia, ciò richiede una presenza industriale internazionale e un sistema di documentazione molto rigoroso, sottolinea l'esperto.